domenica, gennaio 29, 2012

E' una rivoluzione, non c'è dubbio.

Una delle domande che gli studiosi, i commentatori e i giornalisti di tutto il mondo si stanno chiedendo riguardo agli attuali avvenimenti in Medio Oriente è: si può veramente parlare di rivoluzioni?
In buona parte, il fatto che ci si concentri su una questione terminologica è indicativo di come la primavera araba non abbia insegnato nessuna lezione a tanti sedicenti "esperti" di quest'area del mondo, che in buona parte - anche se non tutti - non sono stati capaci di capire ciò che si stava muovendo in profondità nelle società arabe e sono stati colti alla sprovvista da tutto ciò che è successo a partire dal dicembre 2010.
Soprattutto, questa domanda non se la pongono i protagonisti di quello che sta avvenendo, per i quali è in atto, senza ombra di dubbio una "rivoluzione" (in arabo thawra). Tutti coloro con cui ho parlato in questi due giorni parlano di un prima e di un dopo la rivoluzione. Certo, come ha detto un tassista, "siamo solo al 10% del cambiamento di cui abbiamo bisogno". Ma la strada è segnata, e non si torna indietro.
Il Cairo, con i suoi quasi venti milioni di abitanti (su un totale di ottanta nell'intero Egitto), è da sempre una metropoli caotica, dalla quale si torna a casa la sera con il mal di testa. Un esercito di vigili urbani si consuma i polmoni in mezzo a un inarrestabile - loro malgrado - fiume di auto, moto e minibus in un tripudio di clacson. Allo stesso tempo, i pedoni si fanno largo tra lustrascarpe, venditori ambulanti e mendicanti e per attraversare la strada si infilano tra le macchine in coda - o in corsa - tracciando linee simili a quelle che vengono fuori dal labirinto della settimana enigmistica, sperando di uscirne (vivi)...
C'è però qualcosa di nuovo nell'aria (inquinata) che si respira al Cairo, ed è un clima di fermento che pervade ogni strada del centro città. E' frequente incontrare troupes televisive che girano interviste con questo o quel candidato deputato, ovunque sono presenti striscioni e graffiti di ogni tipo (ma su questo argomento mi riprometto di pubblicare un articolo apposito con tanto di foto). Molti inveiscono contro il consiglio militare che attualmente governa il Paese, altri ricordano i martiri della rivoluzione, altri ancora contengono invettive anti israeliane... Soprattutto, la gente parla, si riunisce in circoletti, ascolta comizi improvvisati e ha voglia di chiaccherare di politica apertamente. Capiamoci, per noi chiaccherare di politica è noioso. Qui, è respirare la libertà.

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