venerdì, maggio 06, 2011

La "primavera araba" e la paura dell'islamismo

Si è parlato molto, in occasione delle recenti rivolte popolari nei Paesi arabi, del pericolo di una "confisca" delle rivendicazioni democratiche delle masse che sono scese in piazza da parte dei partiti islamisti. L'ultima rivoluzione che si è vista nel mondo arabo-musulmano, del resto, è stata quella khomeinista del 1979, che ha lasciato il segno nell'immaginario occidentale. Anchee con questa paura è stata giustificata la scarsa simpatia con cui sono state accolte queste rivolte, circondate da scetticismo, cautela e malcelato disagio verso un cambiamento che, si dice "non si sa dove porterà". Tutti conosciamo la natura autoritaria e repressiva dei regimi attualmente in carica in tutti Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Ma c'è un detto inglese che si addice al sentimento che proviamo verso di essi: "He may be a son of a bitch, but he's our son of a bitch" (Può darsi che sia un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana). Addirittura, anche un alleato dell'Iran e accerrimo nemico degli USA come Bashar al-Assad può contare sull'indifferenza complice dei governi occidentali, che preferiscono un nemico che ormai conoscono all'incognita del cambiamento.
Quale segno più chiaro dell'incapacità delle nostre società di guardare al futuro e di abbracciare il cambiamento con visione e coraggio? Quale sintomo più evidente della vecchiaia del nostro mondo ricco, che non sa far altro che godersi gli ultimi scampoli di benessere che gli rimangono, in attesa che il timone della politica e dell'economia mondiali venga assunto da potenze emergenti e, non dimentichiamolo, giovani?
Riporto qui di seguito un articolo molto interessante di Asef Bayat (scritto su Foreign Affairs, la più prestigiosa rivista americana di politica internazionale), un sociologo iraniano che spiega come le attuali rivolte della "primavera araba" vadano lette alla luce dell'impoverimento della classe media di questi Paesi e delle scarsissime opportunità offerte a giovani istruiti e globalizzati. Dal punto di vista politico, l'epoca d'oro dei partiti islamisti radicali è passata da tempo - visto anche il fallimento della rivoluzione iraniana nel mantenere le promesse fatte -, i protagonisti della scena politica sono oggi partiti moderni e democratici, che si rifanno ad un'ideale religioso più o meno allo stesso modo in cui fanno tanti partiti cristiano-democratici in Europa. Un esempio di questo fenomeno è l'AKP turco, che a detta di molti ha dato vita al miglior governo degli ultimi decenni. 
Il cambiamento è in atto, si può riconoscerlo o negarlo, ma di certo non aspetterà i nostri tempi.

The Post-Islamist Revolutions

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