giovedì, gennaio 20, 2011

Il bicchiere mezzo pieno

Sono arrivato da due giorni in Sudan e i problemi, i pericoli, le incognite si accumulano ad ogni conversazione. Questa è stata una costante di tutti gli ultimi cinque anni e mezzo: gli analisti, i diplomatici e i sudanesi stessi passavano il tempo a prevedere quando sarebbe scoppiata la prossima guerra. Gli articoli con il titolo "The next Sudanese war" o simili non si contavano. Eppure, sino ad oggi, la pace ha tenuto.
Con il referendum si è girata la boa più importante del cosiddetto "periodo transitorio", sei anni (2005-2011) durante i quali si sarebbero dovute attuare tutte le clausole degli accordi di pace (Comprehensive Peace Agreement, CPA, memorizzate quest'acronimo!). Non restano che sei mesi prima della fine della corsa, il prossimo 9 luglio. Sei mesi durante i quali le due parti in causa (National Congress Party, NCP, dominante a Nord, e Sudan People's Liberation Movement/Army, SPLM/A, dominante a Sud) dovranno negoziare i termini della separazione del Sud, perché la secessione non è qualcosa che può avvenire dall'oggi al domani. In altre parole, dovranno cercare di mettersi d'accordo in modo da creare le premesse perché la prossima guerra sudanese non divenga mai realtà.
La posta in gioco è altissima. Si dovrà decidere come dividersi le rendite petrolifere (i pozzi stanno nel territorio del Sud, ma le infrastrutture per raffinare ed esportare il petrolio sono a Nord!), spartirsi il debito estero, come stabilire la linea del confine (ci sono ben cinque punti contestati) e la sua natura (dovrà essere un confine "poroso", perché ci sono migliaia di pastori nomadi che da secoli portano le loro mucche a pascolare a cavallo del confine. Cambieranno rotta, direte voi. Provateci, sono armati fino ai denti...), trovare una formula per proteggere le rispettive minoranze, stabilire un criterio per la successione dei trattati internazionali (cioé stabilire se sono ancora validi o no, e visto che due trattati regolano la spartizione delle acque del Nilo, l'Egitto è alla finestra...), e infine risolvere l'annosissima questione di Abyei, un piccolo villaggio al confine tra nord e sud che non si sa bene da che parte del confine cadrà (chi vuole approfondire può leggere il mio articolo per l'ISPI qui, che può servire anche come introduzione per chi si avvicina alle vicende sudanesi per la prima volta).
Sono questioni complicate e sensibili, tutte potenzialmente potrebbero costituire la scintilla per la guerra. Non solo, ma se non sono risolte in un'ottica lungimirante porranno le premesse per una guerra tra due, tre o cinque anni, come successo tra Etiopia ed Eritrea, dove una piccola questione di confine ha fornito il pretesto per l'esplosione di un conflitto nel 1998, dopo che nel 1993 Asmara si era resa indipendente da Addis Abeba.
Anche il Sudan ha un precedente di pace fallita: l'accordo di Addis Abeba, che nel 1972 pose termine alla prima guerra civile Nord-Sud, durò undici anni ma non riuscì a risolvere i problemi alla radice, e portò all'esplosione di una nuova, e più cruenta, guerra civile nel 1983.
Adesso il tempo stringe e i nodi stanno venendo al pettine, le parti cercano di ottenere il miglior risultato con il minimo compromesso, massimizzando i propri vantaggi nel breve periodo.
La secessione del Sud era largamente anticipata, tuttavia era impossibile "prepararsi" ad un evento di tale portata. In fondo nessuno credeva, finché non si sono aperti i seggi il 9 di gennaio, che il referendum si sarebbe svolto in tempo, senza disordini, esattamente secondo le condizioni previste dal CPA.
E' proprio per questo che, malgrado le ragioni - reali - che inducono alla preoccupazione ed al pessimismo, penso non sia ingenuo vedere il bicchiere mezzo pieno. Mezzo pieno perché la pace, pur navigando in acque molto tempestose, ha tenuto per sei anni, e perché chi prima si combatteva oggi si parla, mentre la cosiddetta "comunità internazionale" sembra aver capito che un Sudan stabile è una condizione per la pace in Africa e ai confini del Medio Oriente.
Speriamo solo non se lo bevano troppo presto, questo bicchiere mezzo pieno.

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