Fino a pochi giorni fa nessuno sapeva nemmeno dove fosse il
Mali. Una delle città-chiave dell’attuale campagna militare francese, Timbuktu,
era sinonimo di terra di nessuno. Oggi, di fronte ad una guerra che ci
coinvolge direttamente, ci scopriamo disorientati come spesso accade di fronte
ai conflitti africani, cui si danno tante etichette – guerre tribali, etniche,
del petrolio – ma poche spiegazioni.
In realtà, ciò che sta accadendo ha radici profonde. Da
molti anni gli emuli di al-Qaeda avevano preso possesso di quella “terra di
nessuno” che è la Somalia. Eppure in pochi si preoccupavano che ciò si stesse replicando
anche in quel grande mare di sabbia che è il Sahara. Forse alcuni pensavano che
fosse il posto giusto dove confinare i terroristi. In realtà, come avviene da
secoli, il Sahara è la porta del Mediterraneo. Di qui transita chi sogna l’Europa,
arricchendo mercanti di uomini senza scrupoli. Di qui passa buona parte della
droga che, dal Sudamerica, giunge in Europa dopo aver viaggiato su piccoli
aerei dal Sudamerica ed essere atterrata sulle coste dell’Africa occidentale.
Il Mali. In rosso l'area controllata dai ribelli. |
Storicamente, il Sahara è la terra dei Tuareg, gli “uomini
blu”, nomadi fieri della propria indipendenza culturale ma emarginati negli
assetti del potere e nella distribuzione delle risorse. Per ottenere pari
diritti e autonomia, i Tuareg hanno combattuto una lunga guerra contro il
governo del Mali. Beffati dai tanti accordi firmati e rimasti sulla carta,
hanno approfittato del saccheggio degli arsenali libici per dare il via, nel
marzo del 2012, ad un’offensiva che ha portato alla proclamazione di uno Stato
tuareg indipendente, l’Azawad, nel nord del Mali.
La nascita dell’Azawad – che, detto per inciso, non è stato
riconosciuto da nessuno è non è uno Stato a tutti gli effetti – ha segnato il
crollo della democrazia in Mali, un’esperienza che, pur con molti limiti, era
durata vent’anni. I militari sono intervenuti deponendo il Presidente e
assumendo il potere, dovendo però presto instaurare un nuovo governo civile a
causa delle pressioni internazionali. Essi sono però rimasti dietro le quinte i
veri detentori del potere, come ha dimostrato la nuova deposizione, a dicembre,
del Presidente che loro stessi avevano nominato, e la sua sostituzione con un
candidato più docile.
E' nel corso della campagna militare per la conquista dell’Azawad che si è realizzata la saldatura tra Tuareg ed islamisti. Questi ultimi, meglio equipaggiati e finanziati – grazie soprattutto all’”industria” dei rapimenti ed al contrabbando – hanno però rotto l’alleanza per assumere il controllo diretto della regione e governare le città in base alla sharia.
E' nel corso della campagna militare per la conquista dell’Azawad che si è realizzata la saldatura tra Tuareg ed islamisti. Questi ultimi, meglio equipaggiati e finanziati – grazie soprattutto all’”industria” dei rapimenti ed al contrabbando – hanno però rotto l’alleanza per assumere il controllo diretto della regione e governare le città in base alla sharia.
La diffusione dell’islamismo radicale nel Sahara va
ricercata in Algeria. Furono infatti alcuni membri del Gruppo Islamico Armato
(GIA) algerino, che negli anni ’90 combatté – e perse – una cruentissima guerra
civile, a fondare il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento,
poi rinominato al-Qaeda nel Magheb Islamico (AQMI) assumendo il franchising del
terrore dal movimento di Osama bin Laden. Tra di essi spicca Mokhtar
Belmokhtar, alias “Mokhtar il guercio”, veterano dell’Afghanistan (quando la jihad
era contro i sovietici), della guerra algerina e ora leader dell’organizzazione.
Ma AQMI non è l’unica formazione islamista presente sullo scenario. È la
più attiva in Algeria, mentre in Mali la fanno da padroni Ansar Dine, guidata da
un ex-leader della ribellione Tuareg, Iyad Ghali, e il Movimento per l’Unicità
e la Jihad nell’Africa Occidentale (MUJAO), nato da una scissione all’interno
di AQMI proprio a causa della predominanza degli algerini nella leadership del
movimento.
I raid francesi hanno preso di mira soprattutto le
postazioni del MUJAO, mentre Ansar Dine, che da novembre aveva avviato colloqui
di pace con il governo di Bamako, ne ha dichiarato la sospensione per prepararsi
ad una campagna di difesa.
La presa di ostaggi in un impianto di gas nel sud-est segna
l’entrata in gioco di AQMI, che fin’ora era stata a guardare. È un chiaro
tentativo di estendere il fronte di combattimento e provocare i francesi su un
terreno che, per ragioni storiche, è particolarmente delicato per Parigi. Il
tragico esito del blitz fa aumentare esponenzialmente il costo politico di una
guerra che fino ad ora Hollande è riuscito a spacciare come “giusta”.
Quella a cui stiamo assistendo è quindi una guerra che ha
origini locali – le rivendicazioni dei Tuareg, l’irrisolta questione algerina –
ma che è stata ormai assorbita nelle logiche della “guerra al terrore”. Questo
renderà molto più difficile una sua vera soluzione. Si poteva intervenire con
la diplomazia prima che il conflitto si internazionalizzasse? Certo. Ma un
intervento militare, reso inevitabile, è più conveniente per tutti. Da un lato
permette ai militanti islamisti di invocare la jihad contro l’Occidente.
Dall’altro consente alla Francia di dare nuovo slancio e legittimità alla
propria politica africana, dopo il discusso intervento in Costa d’Avorio
dell’anno scorso, e forse è solo l'inizio di un disegno più ambizioso, come sostiene Gian Paolo Calchi Novati. Se a ciò si aggiunge la necessità degli
apparati militari americani ed europei di reimpiegare uomini e tecnologie in
via di smobilitazione in Afghanistan, si capisce come a pochi interessi,
veramente, il Mali.
1 commento:
L'intervento così tempestivo della Francia, consentito dalle sue numerose basi militari nell'area, però non può essere giustificato solamente in base al principio dell'eredità storica coloniale... è evidente come le primavere arabe, nelle loro diverse manifestazioni, creando nuovi spazi di intervento, abbiano rilanciato la corsa neo-coloniale delle potenze occidentali... insomma, la solita storia...
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